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Samstag gehts wieder los. Aus dem Corriere:


Sei Nazioni, miniera d`oro del rugby

Il boom. Sabato con Irlanda-Italia comincia il Torneo che ha cambiato la vita di uno sport

Crescono budget e tesserati. Le vittorie del 2007 hanno fatto il miracolo: in 12 mesi da 47 mila a 68 mila tesserati

MILANO - «Anni fa sognavo di vivere certi momenti, poi ho cominciato a sperare di poterli vivere. E oggi, be`, oggi mi sembra di vivere in un sogno». Nella sintesi di Giancarlo Dondi, presidente della federazione dal `96, c`è la storia recente del rugby italiano, uno dei pochi sport, forse l`unico, che in periodo di recessione può permettersi di alzare, stagione dopo stagione, il suo tenore di vita.

È l`età dell`oro del rugby, della nazionale, un fenomeno in crescita dall`inizio degli anni 90, letteralmente esploso un anno fa, con le due vittorie su Scozia e Galles nel Sei Nazioni, il torneo più antico d`Europa (prima edizione nel 1883), televisto in 150 Paesi da 300 milioni di telespettatori, che sabato prossimo giocherà la prima giornata della sua 125ª edizione, la 9ª con l`Italia in campo. Un miracolo di partecipazione ed economico, anche se non ancora tecnico visto che sarà molto dura ripetere i due successi e il quarto posto di 12 mesi fa.

Un miracolo certificato da numeri piccoli, quelli del Villa Pamphili di Roma, squadra di serie C, che in un anno ha visto i suoi 40 tesserati diventare 300; medi, quelli del comitato lombardo: 5.779 tesserati nel 2004, 10 mila oggi; grandi, quelli degli iscritti alla federazione: 30 mila nel 2000, l`anno del primo Sei Nazioni, 47 mila a fine 2006, addirittura 68 mila oggi. Un boom che neppure una brutta Coppa del Mondo ha scalfito: «Gli ultimi 13 mila biglietti per le partite con Inghilterra e Scozia sono stati venduti in 2 ore — spiega Dondi —. Ora il Flaminio tiene 30 mila spettatori e quest`anno, per la prima volta, almeno 22-24 mila saranno italiani».

Una crescita confermata dalle aziende che hanno deciso di investire sulla nazionale. Le ultime 2, Fiat, con il marchio Iveco, e San Carlo, hanno portato a 21 la somma di sponsor ufficiali, fornitori e partner. E hanno contribuito a far crescere il budget della federazione, oggi attestato sui 23 milioni, che diventeranno 40 entro pochi anni, quando l`Italia, terminato il suo noviziato nel Sei Nazioni, prenderà la stessa quota di diritti tv destinata oggi alle altre 5.

Insomma, va tutto bene al rugby italiano, che ha anche trovato una casa sicura: il Comune di Roma ha infatti ceduto alla federazione il Flaminio, che a lavori ultimati ospiterà gli uffici che oggi sono all`Olimpico diventando un piccolo Twickenham. «Il rugby piace, crea interesse, anche commerciale» ammette Dondi. Che di anni in campo e dietro la scrivania ne ha passati però troppi per credere d`aver risolto definitivamente ogni problema: «Spero continuino ad arrivare i risultati, senza quelli non si va da nessuna parte. Da questo Sei Nazioni mi aspetto la conferma dei progressi delle ultime stagioni e spero di vedere un grande spirito di rivincita per non aver confermato quei progressi in Coppa del mondo. Mi sembra che i giocatori la pensino come me, sono fiducioso. Poi c`è Nick Mallett, il nuovo c.t.: è una garanzia, però i miracoli non li fa nessuno, nemmeno lui».

Sarà, ma ai miracoli il rugby italiano si sta abituando, anche se per garantire continuità all`età dell`oro c`è ancora un passaggio obbligato: «Il nostro movimento deve diventare davvero professionale e pensare di più all`interesse generale. Si parla spesso della possibilità di creare delle selezioni, dei superclub, per evitare che i nostri migliori giocatori vadano all`estero e per avere un gruppo numeroso di atleti abituati all`alto livello. Questa è la strada. Ai presidenti di club andrebbe fatto un monumento, ma la nazionale ha grande immagine, il campionato per ora no. Lì bisogna lavorare». Non subito, però.

Prima ci sono 5 partite da giocare bene (e un paio, possibilmente, da vincere). Sabato a Dublino contro l`Irlanda inizia un`altra sfida per il rugby italiano. La più dura. Perché l`anno scorso gli azzurri hanno cambiato status. E ripetersi, per chi ha appena cominciato a vincere, è la cosa più difficile.

Domenico Calcagno
29 gennaio 2008
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